La
chiesa di S. Pietro in Mavino, sorta più o meno contemporaneamente
all’edificazione dell’ex monastero di S. Salvatore, veniva fondata,
secondo la tradizione, da pescatori del luogo in epoca longobarda.
Contrariamente a ciò che è accaduto per il S. Salvatore, una parte
dell’antico edificio è rimasta in piedi, anche se con integrazioni e
modifiche succedutesi in varie epoche, compresa quella romanica (XI-XII
secolo). L’edificio sorge sul punto più alto della penisola di Sirmione,
fuori dal centro abitato, poco lontano dalle rovine delle cosiddette
“Grotte di Catullo” (rinomata area archeologica con i resti di un grande
edificio residenziale d’epoca romana, riattivato e trasformato in epoca
longobarda in sito fortificato e poco dopo definitivamente abbandonato).
I primi documenti che citano la chiesa di S. Pietro in Mavino risalgono
all’VIII secolo (una prima menzione è contenuta in un manoscritto
dell’anno 756, mentre ben più importante è il documento dell’anno 774
che registra la donazione di tutti i possedimenti longobardi di Sirmione
al monastero carolingio di S. Martino di Tours: tra questi appunto la
chiesa di S. Pietro in Mavino).
L’edificio si presenta oggi a pianta rettangolare a navata unica con tre
absidi semicircolari a est, e richiama edifici di derivazione carolingia
dell''VIII-IX secolo, anche se bisogna dire che le sole affinità
stilistiche non bastano certo a determinare una cronologia attendibile.
L’attuale edificio di S. Pietro rimane visibile all’esterno per tre
quarti; solo il lato nord, ampliato con l’aggiunta di ambienti
residenziali recenti, non è visitabile, rimanendo all’interno di una
proprietà privata. La terminazione orientale a tre absidi semicircolari,
ha la centrale di dimensioni maggiori delle laterali, che hanno emicicli
poco sporgenti dalla pianta. Un consistente strato di intonaco ricopre
la quasi totalità dell’apparato murario della zona est, con scrostature
nelle parti basse che permettono di intravedere i conci in opera nella
muratura, formata da pietre tenere di color rosato e di color ocra o
grigie, mischiate a ciottoli e a mattoni color rosso e ocra, il tutto
allestito in abbondante malta.
Le absidi sono prive di decorazione esterna (vedi foto abside),
animate solo da strette monofore a doppio strombo liscio (oggi murate),
tre nell'abside centrale, una in ciascuna delle laterali: solo al
culmine dell’abside maggiore, meno marcatamente nell’abside nord e in
modo irrilevante in quella sud, l’allineamento della muratura si fa
irregolare e prominente (l’intonacatura non permette di valutare se tale
sporgenza muraria sia dovuta all’eccesso di intonaco - dato che le parti
del sottotetto delle absidi minori presentano solo parzialmente questa
particolarità - o alla presenza sotto l’intonaco di assetti decorativi
che provocano l’aggetto). La copertura delle absidi è realizzata con
tegole di tipo romano e coppi. Poco sopra il livello di questo tetto è
visibile una specie di profilo in laterizio appena sporgente, a
delineare la forma degli spioventi, forse indizio del livello
dell’antica copertura, che corre sotto il rialzamento, di un metro e
mezzo circa, realizzato nel XIV secolo. I sottogronda di questa parte
dell’edificio sono marcati da una doppia cornice scalare di mattoni
rossi. L’aspetto austero ed essenziale di questa sezione della chiesa,
con l’abside centrale molto più grande rispetto alle due laterali,
indicherebbe origini preromaniche, anche se è innegabile che questi
caratteri strutturali di gusto arcaico debbano essere considerati
semplici indizi per una collocazione cronologica dell’edificazione del
S. Pietro, soprattutto perché questo modello architettonico, in
territorio bresciano, si manterrà anche nell'XI, e addirittura, nel XII
secolo. Tuttavia secondo alcuni studiosi, in questo caso la
coincidenza col tipo di pianta, di muratura, a ciottoli, mattoni e conci
in spessa malta, e l'assenza di decorazione fanno propendere
ragionevolmente per una datazione anteriore al Mille.
Questa considerazione troverebbe credibilità anche attraverso l’analisi
delle murature del vicino campanile, le cui parti basse, realizzate poco
dopo la metà dell’XI secolo (l’edificazione risalirebbe all’anno 1070),
sono chiaramente diverse da quelle della chiesa, sia per quanto riguarda
l’apparecchiatura muraria, a conci disposti regolarmente e inquadrata da
larghe lesene angolari, che per la presenza di una serie di archetti
realizzati in cotto, nonché di finestre a bifora.
In generale, comunque, la muratura si presenta estremamente
stratificata, con ampio impiego dei più svariati materiali edilizi: dai
ciottoli di lago non lavorati ai conci appena squadrati o altri ancora
meglio lisciati, oltre a mattoni e laterizi di varie dimensioni e di
diverse epoche (romana, altomedievali e tardogotica).
Gli studiosi, in base anche a recenti ricerche sulle complesse strutture
murarie del S. Pietro, leggerebbero in alcune di queste “tracce
abbastanza significative della prima fase costruttiva, risalente all’VIII
secolo, in particolare nelle due pareti laterali e nella facciata”.
La vista dal fianco sud della chiesa (vedi foto fianco sud)
mostra una piccola anomalia costruttiva: la linea sommitale di spiovente
del tetto è infatti leggermente inclinata verso la facciata. Il muro
longitudinale sud conserva parzialmente uno strato di intonaco anche se,
nelle parti basse, rimangono scoperti alcuni tratti che permettono una
seppur parziale lettura della composizione muraria.
La muratura, per quasi la totalità della lunghezza dell’edificio e per
un consistente tratto dell’alzato, è realizzata in piccole pietre
bianche e rosate di materiale tenero, di diversa dimensione e di basso
spessore inserite in consistente malta (livelli dello spessore di 2-3
centimetri), poste in opera tentando di collocarle ordinatamente, a
corsi orizzontali intercalati da fasce con conci inseriti a spina di
pesce. La già ricordata presenza dell’intonacatura non permette di
verificare se la diversa applicazione dei conci a livelli orizzontali
volesse avere carattere omogeneo e decorativo.
Tale fase edilizia arriva a un’altezza di circa tre metri. comprendendo
la traccia di quattro monofore ad arco a tutto sesto piuttosto grandi (i
contorni di una di queste finestre, con arco terminale ribassato in
mattoncini, sempre murata, sono ancora individuabili), mentre un quinto
finestrone rettangolare aperto in tempi più recenti vicino al campanile,
s’inserisce in questa fase edilizia. La realizzazione di aperture di
questo tipo sui longitudinali ricorda assetti architettonici arcaici
caratteristici delle basiliche paleocristiane e altomedievali, come le
finestre a doppia cornice aperte nei muri longitudinali del S. Salvatore
di Brescia.
Evidenti, nelle parti alte, i rifacimenti dovuti al restauro del XIV
secolo, con la sopraelevazione delle coperture, intervento che
probabilmente determinò l’occlusione delle finestre e la realizzazione
del ciclo affrescato all’interno.
Nella muratura prossima allo spigolo di facciata, per tutto l’alzato, il
tipo di materiale in uso cambia rispetto al resto dell’edificio: qui
vengono usati conci più grandi e la messa in opera diviene più
approssimativa; le malte impiegate sono diverse, anche se l’intonaco
attenua le differenze.
Sempre nel longitudinale meridionale, il tratto murario tra l’area
absidale e il campanile presenta un consistente strato di intonaco che
non permette un confronto con le restanti murature verso ovest.
Certamente epoche recenti hanno visto in questa settore dell’edificio la
realizzazione sia della porta, sia della finestra rettangolare.
Secondo gli studiosi la chiesa subì una consistente opera di
riammodernamento già durante il XIV secolo (questo intervento è
attestato dalla presenza di una incisione in numeri romani MCCCXX, su un
mattone murato alla sinistra del portale d’ingresso) (vedi foto data
restauro). A questa fase si devono le modifiche in facciata, con la
costruzione di un nuovo portale ad arco ribassato, tuttora in opera. In
occasione del medesimo restauro, nella facciata, poco sopra il portale,
venivano murati due lacerti di marmo bianco di epoca altomedievale:
l’uno decorato con un motivo a graticcio, l’altro, messo di traverso,
con scolpito un vaso dal quale fuoriesce un tralcio terminante in un
fiore con una colomba che si abbevera. Nel XV secolo, venivano
realizzati il rosone al centro della facciata e la finestra quadrata a
sinistra del portale. Altri interventi nei secoli XVII e XVIII
interessarono l’edificio del S. Pietro e portarono all’apertura delle
due finestre ogivali di facciata e della porta inserita sul
longitudinale sud.
Nell’odierna facciata a capanna (vedi foto facciata), pertanto,
tutta le aperture, dall’oculo alle due finestre ad arco ribassato, dalla
finestra squadrata sulla sinistra del portale al portale stesso, sono
integralmente frutto di ricostruzioni recenti, che hanno alterato
notevolmente l’aspetto originario. Gli stessi due lacerti d’epoca
preromanica, murati sopra l’ingresso, rimarcano quali profonde modifiche
ebbero a interessare le strutture che caratterizzavano l’antico edificio
di S. Pietro. Uno strato di intonaco (a questo punto, certamente
necessario date le consistenti manipolazioni degli assetti murari),
omogeneizza architettonicamente l’aspetto della facciata.
Solo nelle parti basse la caduta dell’intonacatura permette una parziale
lettura della composizione muraria: anche qui sono assemblate pietre di
svariata qualità e forma, in abbondante malta. A delineare i fianchi
della facciata sono state inserite delle pietre piuttosto grosse e
lisciate nelle parti a vista che, per lavorazione ed allestimento, si
differenziano notevolmente dal resto dei materiali impiegati nella
muratura.
Il campanile quadrangolare, collocato sul lato sud della chiesa, è
univocamente riconosciuto come costruzione pienamente romanica e
realizzato probabilmente in due fasi edilizie risalenti ai secoli XI
(1070) e XII, più almeno una terza fase nel secolo XIV che vedeva
l’occlusione delle bifore sommitali e la creazione, un piano sopra,
della nuova cella campanaria con al culmine un pinnacolo piramidale. La
torre presenta un allestimento murario realizzato con i più svariati
materiali, anche se non manca un tentativo di organizzazione omogenea
dei conci, sia per corsi orizzontali, sia per tipologia di materiale
(questo aspetto è meglio individuabile nell’alzato del lato est da
un’altezza di circa tre metri fino alla linea degli archetti pensili)
(vedi foto campanile est). Nel lato est, le parti basse della torre
sono composte da pietre assemblate in maniera grossolana, probabilmente
anche a causa di restauri, sono difatti ancora visibili i resti
dell’arco in mattoni di una porta, ora murata. Gli altri lati presentano
ancora la varietà dei materiali in opera, ciottoli, pietre squadrate,
scaglie e mattoni; nel lato ovest, nelle parti basse vicine al muro
longitudinale dell’edificio, sono addirittura murati dei conci di forma
rotonda che sembrerebbero la sezione di colonne di epoca romana (uno di
questi pezzi è incavo al centro). A partire invece da un’altezza di
circa tre metri, l’allestimento si fa più curato e i conci, appena
lavorati, riescono a seguire linee regolari orizzontali anche per più di
un filare: qui sono in opera su tutti i lati ciottoli di lago
arrotondati, inseriti a corsi orizzontali e in spessa malta in
alternanza a fasce di mattoni rossi e ocra, con tratti di muratura
interamente realizzati con pietre chiare e squadrate.
Due larghe lesene angolari di pietre abbastanza grandi, lisciate nelle
parti a vista, inquadrano su tre lati (quello nord, di cui si può vedere
solo la parte sommitale, ne è privo) questi tratti murari con la sezione
centrale conclusa da una cornice di archetti rampanti compositi in
cotto, sostenuti da mensoline prive di decorazioni sempre in cotto (alla
moda veronese). Nel lato orientale, la cornice di archetti è rovinata
per un tratto, mentre è ben conservata nei lati sud e ovest (il lato
nord del campanile non presenta nessun particolar decorativo: la
monofora è stata occlusa e le murature non presentano particolari
distintivi, oltre ad un’approssimativa messa in opera di conci
irregolari di diverso materiale). Tutto sommato, il campanile non
raggiunge una grande altezza; l’attuale cella campanaria è stata
interamente realizzata in mattoni e su ogni suo lato sono aperte delle
monofore (eccetto, come detto, quella a nord che è murata). Una cornice
con un filare di mattoni rossi inseriti a dente di sega corre lungo il
profilo sommitale della torre.
Le differenze costruttive tra le sezioni più basse e la sezioni mediana
della torre fino all’altezza degli archetti ciechi sarebbero
attribuibili alle due differenti fasi edificatorie dei secoli XI e XII.
Il tratto del longitudinale nord d’epoca medievale, visibile nel tratto
prossimo all’area absidale, mostra un restringimento rilevabile in
pianta e percepibile anche in alzato: a partire dallo spigolo absidale,
il muro, dopo pochi metri in lunghezza, sembra patire un rigonfiamento o
un allargamento fino al livello della facciata. Il tratto in alzato di
questa parte dell’edificio è quasi completamente ricoperto dall’edera e
non è possibile osservare il tipo di muratura che lo compone, mentre il
restante longitudinale è occupato dagli edifici residenziali moderni.
INTERNO
La navata unica dell’interno appare luminosa e spaziosa (vedi foto
interno). Nessun particolare evidente riconduce al periodo romanico.
Le pareti interne sono decorate con vari strati di raffigurazioni datate
tra il XII e il XVI secolo. Vasti tratti dei muri laterali bassi, oltre
a tutte e tre le absidi presentano consistenti tracce di affreschi, a
vari livelli di conservazione. L’antica origine di questo edificio
s’intuisce nello scarso sviluppo in profondità delle absidi minori, che
qui sembrano quasi due nicchie.
Lungo tutto il lato sud, per un metro di altezza dal piano di calpestio
corre uno zoccolatura sporgente per una ventina di centimetri.
L’intonacatura non permette di vedere se appartenente a una fase
edilizia distinta dal resto dell’alzato.
Di seguito verrà fornita una concisa descrizione della serie di
affreschi presenti nella chiesa di S. Pietro in Mavino. Non si
formuleranno interventi critici, proposte interpretative o ipotesi
cronologiche, ma si fornirà solo un riassunto “artistico-descrittivo”
delle scene rappresentate, rimandando a ricerche più competenti e più
precise indagini storiografiche.
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